IL REATO DI RAPINA – Art. 628 C.P.

L’art. 628 c.p. stabilisce che “chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla persona o minaccia, s’impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, è punito con la reclusione da tre a dieci anni e con la multa da € 516 a € 2.065.

Alla stessa pena soggiace chi adopera violenza o minaccia immediatamente dopo la sottrazione, per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta, o per procurare a sé o ad altri l’impunità”.

La norma distingue due distinti tipi di rapina: quella propria (la sottrazione avviene per mezzo della violenza o della minaccia) e impropria (la persona utilizza violenza o minaccia dopo la sottrazione, per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta, o per procurare a sé o ad altri l’impunità). Si tratta di un reato complesso (ex art. 84 c.p.) i cui elementi costitutivi sono il furto (art. 624 c.p.) e la violenza privata (art. 610 c.p.).

L’elemento soggettivo è rappresentato dal dolo specifico e il momento consumativo è dato dall’impossessamento del bene.

Il tentativo è configurabile in tutte quelle ipotesi in cui, pur esercitandosi la violenza, il soggetto agente non riesce ad impossessarsi della cosa mobile o quando, compiuta la sottrazione, tenti di utilizzare violenza o minaccia al fine di conseguire l’impunità.

E’ procedibile d’ufficio ed è consentita l’applicazione della misura cautelare del fermo di indiziato di delitto.